
Il dolore miofasciale e la Manipolazione fasciale®
La definizione di sindrome da dolore miofasciale (MPS) vede il coinvolgimento del tessuto muscolare e della sottile membrana che lo avvolge, per l’appunto la sua fascia. Sebbene le cause che provocano tale istanza dolorosa restino sconosciute, la totalità delle revisioni in letteratura che la descrivono indicano nel muscolo (troppo debole o in sovraccarico) la sua origine. La diagnosi di MPS viene confermata attraverso la rilevazione manuale, all’interno del muscolo stesso, di bandellette rigide riferite a fasci muscolari contratti denominati Trigger Point (TP) che, alla palpazione manuale appaiono come “nodi muscolari dolorosi”. Nonostante le molte ipotesi resta sconosciuto anche il meccanismo patofisiologico di come queste zone di contrattura muscolare si creino e si mantengano; tuttavia, i TP vengono classificati come attivi o latenti in funzione del fatto che la loro palpazione sia o dolente oppure no.
Come si nota nella descrizione della sindrome del dolore miofasciale tutto viene riferito alla fibra muscolare e nulla alla fascia.
E se invece invertissimo il paradigma mettendo al centro delle nostre osservazioni la fascia? Avremo di sicuro molte più certezze. Sappiamo ad esempio che la fascia è totalmente embricata al muscolo e che quindi palpando il muscolo non possiamo non agire manualmente anche sulla sua fascia. È stato riscontrato che circa un terzo delle fibre muscolari ha diretta inserzione sulla fascia muscolare e che quindi una contrazione muscolare è volta a stirare la sua fascia. Come il muscolo può rappresentarsi contratto anche la fascia è in grado di alterare la sua composizione presentando densificazioni che ne aumentano lo spessore e ne limitano lo scorrimento rendendo la fascia più rigida. Se una fascia è più rigida, le fibre muscolari che vi si inseriscono devono essere più attive, e questo potrebbe essere il presupposto alla base della generazione del TP. È stato ampiamente dimostrato che un aumentato spessore fasciale è correlato a sindromi muscoloscheletriche (lombalgie e cervicalgie). La plasticità del tessuto fasciale lo rende sensibile a molte delle metodiche indicate per il trattamento della MPS (calore, allungamento, manipolazione dei tessuti molli, ecc.). Occorre inoltre considerare che all’interno del tessuto connettivo fasciale (e non del parenchima muscolare) troviamo le terminazioni nervose libere in grado di generare il segnale che, durante la palpazione di una fascia rigida e densificata, può provocare un dolore locale e/o irradiato lungo determinate direzioni anatomiche miofasciali. Molti autori descrivono trattamenti diretti al tessuto fasciale. Luigi Stecco, attraverso la Manipolazione fasciale ®, ha definito un metodo di valutazione e trattamento manuale delle densificazioni fasciali la cui eRicacia è riscontrabile attraverso i numerosi trial clinici in letteratura che ne hanno studiato l’eRetto in molteplici condizioni muscolo scheletriche